Pubblicato in “Revue Internationale de Philosophie”, 252, 2010, pp. 149-176.
Poveri guitti e grandi attori sul palcoscenico della storia
Pubblicato in “L’asino di B.”, 14, 2009, pp. 89-99.
Maschere e specchi: un percorso attraverso l’attore dall’antichità al Novecento
Pubblicato in “Ariel”, 14, 2009, pp. 53-73.
L’arte dell’attore dal Romanticismo a Brecht
Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 214.
A partire dal Romanticismo, gli attori cercano di nobilitare il loro mestiere attraverso la pubblicazione di trattati e manuali di recitazione. Nonostante questi tentativi di codificazione dell’arte, all’inizio dell’Ottocento si afferma il mito dell’attore ispirato, che recita trasportato dall’impeto del sentimento. Il dibattito fra i fautori dell’immedesimazione e i sostenitori di una recitazione ‘a freddo’ si intensificherà nel corso del secolo. Il Novecento batterà invece altre strade, inaugurando una complessa riflessione sulle tecniche e sul training, ma anche sulle possibili interazioni fra attore e regista. Sandra Pietrini offre una panoramica della funzione e dell’immagine dell’attore negli ultimi due secoli, dalla recitazione romantica al narratore nel teatro epico di Brecht, dai manuali di mimica alla riscoperta della corporeità scenica nelle prime avanguardie novecentesche. Continua
Per una mimica degli affetti: Alamanno Morelli e i trattati di recitazione dell’Ottocento.
Introduzione a A. Morelli, Note sull’arte drammatica rappresentativa, Manuale dell’artista drammatico, Prontuario delle pose sceniche, a cura di S. Pietrini, con un contributo di S. Stefanelli, ristampa anastatica, Collana “Reperti”, Trento, Università degli Studi di Trento , 2007, pp. XI-LX.
I trattati di mimica di Alamanno Morelli (1812-1893), acclamato attore del teatro di prosa, si inseriscono all’interno di un filone teorico di riflessioni sull’arte della recitazione che raggiunse il culmine nella seconda metà dell’Ottocento. Dai semplici manuali come il Prontuario delle pose sceniche (1854) ai più ponderosi trattati sull’espressività, la saggistica sul teatro ebbe una grande diffusione, correlata all’istituzione delle prime scuole di recitazione e al trionfo del ‘grande attore’, su cui si accentra l’attenzione del pubblico e della critica. Scritti da semplici letterati o da famosi attori dell’epoca ritiratisi dalle scene, i trattati di mimica cercano di dare dignità e professionalità a un mestiere ancora legato alla tradizione dei guitti e alla trasmissione diretta del sapere artistico. Continua
Teatro e teatralità in Senso di Visconti
Pubblicato in “Ariel”, 1-3, gennaio-dicembre 2007, numero speciale Luchino Visconti, pp. 395-412.
L’antiliturgia della follia: l’insipiens nei manoscritti italiani
Pubblicato in “Rivista di storia della miniatura”, 11, Atti delle Giornate di Studio sulla Storia della Miniatura Iconografia e liturgia nella miniatura occidentale (Firenze, 24-26 novembre 2005), Firenze, Centro Di, 2007, pp. 39-48
L’immagine del teatro nei manoscritti francesi della città di Dio
Pubblicato in “Dintorni”, 3, Incontri a Sant’Agostino: dalla tarda antichità al Medioevo, a cura di L.C. Rossi e A.M. Testaverde, 2007, pp. 11-38.
Nella lunga tradizione dei manoscritti della Città di Dio di sant’Agostino, una svolta importante è costituita dalla traduzione e commento dell’opera in francese da parte di un vecchio erudito francese, Raoul de Presles, a cui intorno al 1370 Carlo V commissionò l’impresa per divulgare il pensiero dei grandi autori cristiani. Raoul de Presles affiancò alle descrizioni dei ludi scenici tramandate da altri eruditi, come Thomas Waleys e Nicola Trevet, analogie tratte dalla contemporaneità, per meglio illustrare un fenomeno ormai lontano e indefinito. Le sue descrizioni stimolarono la verve artistica degli illustratori dei manoscritti, che inventarono edifici bizzarri e dinamiche sceniche fantastiche, in cui il teatro è via via rappresentato come un’esecuzione musicale, una giostra, una danza di corte o una lettura pubblica.
Mendicante
Pubblicato in Dizionario Tematico di Letteratura, a cura di R. Ceserani, M. Domenichelli e P. Fasano, Torino, Utet, 2007, pp. 1460-1463.
Come esperienza tragica dei personaggi letterari, la mendicità ricorre fin dai tempi antichi (basti pensare a Ulisse ed Edipo) e viene riproposta fino al Rinascimento (si ritrova per esempio nel Re Lear di Shakespeare, dove sia il protagonista che Gloucester, traditi dai figli, finiscono mendici ed emarginati). A partire dal Cinquecento, il filone letterario legato all’accattonaggio e alle figure picaresche si sviluppa in particolare in Spagna (esemplare è la Vita di Lazarillo de Tormes, 1554). Emarginati dalla società, i mendicanti si riducono spesso a vivere di espedienti e conducono una vita avventurosa, come il protagonista del romanzo Il pitocco (1626) di Francisco de Quevedo. In ambito inglese, sullo sfruttamento dell’accattonaggio è incentrato il dramma di John Gay L’opera del mendicante (1728), a cui due secoli dopo si ispirerà Brecht per comporre L’opera da tre soldi. Nella narrativa romantica, la mendicità e gli ambienti degradati dei vagabondi fanno parte della ricostruzione del color locale, come in Notre-Dame di Parigi (1831) di Victor Hugo. Più strettamente connessa al tema dell’ingiustizia sociale è l’esperienza di accattonaggio di Oliver Twist nel romanzo eponimo di Dickens. Nel Novecento la figura del mendicante tende infine a sovrapporsi a quella del clochard o dello homeless metropolitano, nonché del sans papier extracomunitario. Si ritrova fra l’altro anche in molti film, da La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi, tratto dall’omonimo romanzo di di Josef Roth, a Quando sei nato non puoi più nasconderti di Marco Tullio Giordana.
Il mondo del teatro nel cinema
Roma, Bulzoni, 2007, pp. 334.
Il mondo del teatro è un tema ricorrente nel cinema, dai primi cortometraggi che riprendono le performance di acrobati e giocolieri fino alle contaminazioni delle opere più recenti. I film incentrati sull’ambiente delle scene rielaborano alcuni temi cruciali: la responsabilità degli artisti in tempo di guerra, la teatralità come modello essenziale di comunicazione, il mestiere di attore come forma di vita alternativa o possibile terapia. Il teatro può essere un meccanismo impietoso, che rivela la circolarità tragica del percorso di ascesa e declino, oppure una risorsa, un’arte vitale capace di interagire con la teatralità dell’esistenza e della Storia. Le molteplici interferenze fra scena e vita rinviano al teatro come struttura profonda della realtà, mentre le conseguenze dell’immedesimazione nella parte gettano una luce inquietante sulla personalità dell’attore. Il cinema utilizza il teatro anche come strumento di un discorso metalinguistico, con una riflessione sui propri codici e linguaggi in cui i limiti delle due arti si confondono, rinviando ai concetti fondanti di rappresentazione, gioco e illusione.