Sandra Pietrini

Università degli Studi di Trento

Circo

Pubblicato in Dizionario Tematico di Letteratura, a cura di R. Ceserani, M. Domenichelli e P. Fasano, Torino, Utet, 2006, pp. 434-437.

Dall’antichità ai giorni nostri il circo ha continuato ad affascinare il pubblico per la varietà dei suoi intrattenimenti. Nell’Ottocento, epoca d’oro del circo, i numeri si estesero fino a comprendere, oltre a spettacoli equestri e acrobatici, esibizioni di clown, animali ammaestrati e giochi di prestigio. A partire dall’Ottocento il circo compare anche nella narrativa . È talvolta un ambiente di duro lavoro, con personaggi crudeli che sfruttano senza scrupoli i bambini, ma può al contrario  racchiudere insospettati fiori di bontà e generosità, come in Hard Times (1854) di Dickens. Figura emblematica del circo è il clown, che fa la sua comparsa sulle scene inglesi intorno alla metà del XVI secolo, ma in epoche più recenti assumerà la tipica ambivalenza di un personaggio bifronte, che suscita il riso ma è profondamente malinconico. Dal lungo racconto clown Il sorriso ai piedi della scala di Henry Miller alle Opinioni di un clown di Heinrich Böll (1963), anche la letteratura del Novecento ha dedicato ampio spazio a questa figura. Due visioni grottesche del circo, fulminanti nella loro originalità, si trovano nei racconti di Kafka Primo dolore (1921) e Un digiunatore (1922). Nelle arti figurative, l’ambiente del circo ricorre in particolare nei dipinti degli impressionisti, come Degas, Renoir e Toulouse-Lautrec, ma anche in quelli di Picasso. Il tema si ritrova spesso anche nel cinema, a partire dal Circo (1928) di Charlie Chaplin, che ripropone il luogo comune del pagliaccio malinconico e struggente, involontariamente comico ed emarginato dalla società.

La memoria del teatro antico nell’iconografia tardomedievale

Pubblicato in La scena assente? Realtà e leggenda sul teatro nel Medioevo, Atti del Convegno di Studi (Siena, Certosa di Pontignano, 13-16 giugno 2004), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006, pp. 193-227.

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Nel corso del Medioevo, con la rinascita dell’interesse per il teatro antico si fa lentamente strada un’immagine della scena e dell’attore, composta per lo più da frammenti di reminiscenze erudite tramandate dai dizionari e dalle enciclopedie altomedievali. Le illustrazioni dei manoscritti terenziani e della traduzione francese della Città di Dio, con commento di Raoul de Presles, hanno contribuito a diffondere un fantasioso immaginario iconografico, in cui la scena teatrale è ricostruita mediante un’accumulazione di nozioni e la figura dell’attore si contamina con l’immagine degradata del giullare.

Un’insolita scena animata: l’immagine del teatro antico in un dipinto del Cinquecento

Pubblicato in “Venezia Arti”, 19-20, 2005-2006, pp. 47-60.

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In un disegno attribuito a Pirro Ligorio è raffigurato un teatro antico a forma semicircolare, con la cavea e l’orchestra, dove si stanno svolgendo una performance coreutica e una rappresentazione su un palco improvvisato. Se per certi aspetti il disegno si può annoverare fra le ricostruzioni archeologiche dei monumenti antichi, presenta tuttavia alcuni elementi incongrui e conflittuali, come la presenza di due palcoscenici e la ripresa di un altorilievo di epoca romana. Ancora più interessante è un dipinto quasi sconosciuto, di autore ignoto e datazione incerta, che raffigura un teatro molto simile. Forse attribuibile al Pozzoserrato, presenta varianti interessanti, che suscitano una serie di interrogativi a cui è possibile dare solo risposte ipotetiche. Entrambe le raffigurazioni rinviano comunque a un’immagine composita e ancora molto nebulosa della dinamica scenica, come se il teatro antico, di cui si sono riscoperte le forme architettoniche, fosse un contenitore vuoto da riempire con elementi disparati.

Fra finzione e passione: il lavoro dell’attore nella Faustin di Edmond de Goncourt

Pubblicato in “Ariel”, 2, maggio-agosto 2005, pp. 81-109. Quadrimestrale di drammaturgia dell’Istituto di Studi Pirandelliani e sul teatro Italiano Contemporaneo

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Se le riflessioni teoriche sulla preparazione dell’attore alla parte raggiungono nell’Ottocento una particolare densità e diffusione, interessanti suggestioni si trovano anche nei romanzi che narrano la vita di un’attrice, come la Faustin di Edmond de Goncourt e The Tragic Muse di Henry James. A partire dalla metà dell’Ottocento, l’idea dell’attore come individuo dotato di ‘personalità multiple’ si diffonde fra l’altro anche in ambito scientifico. La preparazione alla parte della Faustin si fonda sull’identificazione progressiva nel personaggio, con una permeabilità alle emozioni che espone al rischio della perdita di identità e dello sdoppiamento. D’altra parte, l’istinto teatrale e la capacità di trarre ispirazione dalle esperienze personali fanno della Faustin un esempio inquietante di attrice-sciacallo, che si nutre della vita per riversarla nella propria arte.

Medieval Ideas of the Ancient Actor and Roman Theater

Pubblicato in The Dramatic Tradition of the Middle Ages, New York, AMS Press, 2005, pp. 275-296.

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Throughout the Middle Ages, the ancient stage and acting were the subject of medieval reconstructions which also ispired the illustrators of manuscripts. Scattered comments referring to Roman theatre, mingled with observations from contemporary spectacles, were derived from early medieval glossaries and found their way into the antiquarian definitions of learned humanists. The identity of the actor in the medieval conception of ancient theatre is blurred and influenced by the performances of jesters. This indefinite idea of theatre is also to be caught in the illustrations of the comedies of Terentius and in some XVth century miniatures of the City of God, translated and commented by Raoul de Presles, where the ludi scenici are represented as a court dance or a sort of tournament.

Medieval Institute Publications Western Michigan University

Tipologie e modelli di attori: dal buffone medievale al fool shakespeariano

Pubblicato in Attori di carta. Motivi iconografici dall’antichità all’Ottocento, Roma, Bulzoni, 2005, pp. 55-87.

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Dal performer medievale, professionista del divertimento, all’attore come interprete di un personaggio drammatico non esiste una vera continuità. In Inghilterra, negli ultimi decenni del Cinquecento, il buffone Richard Tarlton riusciva tuttavia a dividersi fra il mondo della corte e quello della scena. Agli inizi del Seicento, allorché gli ultimi intrattenitori di corte mutarono caratteristiche e funzioni, diventando simili ai cortigiani e persino ai diplomatici, emerse la figura del fool, in cui un attore professionista rappresentava la parte di un buffone di corte, come Touchstone e Feste nelle commedie di Shakespeare. Ma come venivano rappresentati questi personaggi? Sul costume dei principali interpreti dei fools, fra i quali Will Kemp e Robert Armin, si possono avanzare soltanto delle ipotesi, poiché le indicazioni testuali sono ambigue e contraddittorie, a conferma del fatto che la figura stereotipata del buffone trasmessa dall’iconografia medievale veniva rielaborata e riadattata dalla libera inventiva degli attori.

Dispense storia del teatro. Dall’antichità al 1800

con allegato CD-rom, Firenze, Cusl, 2004.

Sintetico excursus attraverso le varie epoche teatrali, volto a individuare le specificità del linguaggio scenico nei principali paesi europei. Mediante l’abbinamento di testo e immagini, il CD-rom offre una serie di esemplificazioni illustrative delle forme teatrali del passato, commentate e interpretate come fonti essenziali alla ricostruzione storica. L’apparato iconografico è infatti indispensabile alla comprensione del testo. Il CD-rom è concepito come una dispensa ad uso degli studenti: non può e non deve sostituire i manuali di storia del teatro, ma integrare la preparazione complessiva al corso.

La messa in scena del ratto delle Sabine

Pubblicato in “Teatro e storia”, 2004, 25, pp. 29-37. Rivista Culturale di Teatro. Bulzoni Editore

Uno dei pochi documenti iconografici in cui è raffigurato un edificio teatrale è una miniatura contenuta in un manoscritto francese della Storia di Roma di Tito Livio, illustrato intorno al 1478 per François de Rochechouart. La miniatura raffigura il ratto delle Sabine all’interno di un teatro romano e presenta elementi di somiglianza con il Martirio di Sant’Apollonia in un théâtre en rond nel Livre d’Heures d’Etienne Chevalier. Anch’essa  è stata molto probabilmente eseguita da Jean Fouquet o dai suoi allievi. A una raffigurazione plausibile di edificio teatrale, desunta dall’osservazione e non dai bizzarri modelli che circolavano nell’immaginario, si affiancano elementi giustapposti in modo incongruo, come l’altare posto al centro dell’orchestra e il buffone. L’azione scenica è del tutto indefinita e tende ad essere rimpiazzata, agli occhi dell’osservatore, con il rapimento delle Sabine, posto in primo piano come su un palcoscenico. La miniatura riecheggia così secoli di condanne del teatro, occasione di violenza e incitamento al peccato.

Fuori scena. Il teatro dietro le quinte nell’Ottocento

libro2cRoma, Bulzoni, 2004, pp. 401.

Nell’Ottocento il teatro è fenomeno di massa, paragonabile a ciò che sarà il cinematografo nel secolo successivo, e un soggetto ricorrente nelle opere letterarie e figurative. Le condizioni materiali dello spettacolo e la vita quotidiana dei comici hanno ispirato molti romanzieri, pittori e disegnatori, le cui opere sconfinano spesso nella denuncia morale o nel bozzetto satirico. La rivelazione dei retroscena del teatro divenne quasi una moda letteraria, un punto di convergenza di vari generi e sottogeneri, dalle autobiografie di attori alla cronaca di costume. Il diaframma che separa la rappresentazione dalla vita dietro le quinte rinvia alla dimensione esistenziale dell’attore, alla dialettica fra l’uomo e il personaggio. Mentre le descrizioni dell’ambiente ripropongono alcuni luoghi comuni dei secoli precedenti, le figure che concorrono alla realizzazione dello spettacolo assumono talvolta contorni caricaturali il grasso e rozzo impresario, il direttore dispotico, il poeta affamato, il povero suggeritore. Continua

Il tempo dei misteri

Pubblicato in “Medioevo”, aprile 2004, pp. 74-81, De Agostini – Rizzoli Periodici.

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Condannato aspramente dalle autorità religiose, nel Medioevo il teatro rinasce paradossalmente proprio dal rito liturgico. Dal nucleo originario del Quem quaeritis, legato alla cerimonia pasquale, si sviluppa gradualmente una forma spettcolare destinata ad avere un enorme successo almeno fino al XVI secolo: i grandi cicli dei misteri. Incentrati sulla vita di Cristo e dei santi, queste grandiose manifestazioni spettacolari erano eventi eccezionali che richiedevano mesi o addirittura anni di preparazione, e a cui si accorreva anche dalle città vicine. L’allestimento non seguiva uno schema fisso, ma venivano adottate soluzioni molto diverse fra loro nell’organizzazione dello spazio e nella disposizione del pubblico, come dimostrano alcuni documenti iconografici come la tarda miniatura della tarda Passion de Valenciennes (1547) e quella del martirio di Santa Apollonia, di Jean Fouquet.