in “Teatro per idea: i maestri della regia teatrale”, Co.F.As, Trento, 2015, pp. 3-6.
Spettatori e critici: una convergenza difficile?
in “Per una scena di qualità”, Trento, Co.F.As., 2012, pp. 4-8.
La comunicazione teatrale: un crocevia di linguaggi ed esperienze
in “I linguaggi e il linguaggio”, Trento, Co.F.As, 2011, pp. 2-6.
Visioni di un teatro da camera: il teatro di Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss
in ““Osservatorio critico della germanistica”, recensione, XII, 30, 2009, pp. 26-29.
Il tempo dei misteri
Pubblicato in “Medioevo”, aprile 2004, pp. 74-81, De Agostini – Rizzoli Periodici.
Condannato aspramente dalle autorità religiose, nel Medioevo il teatro rinasce paradossalmente proprio dal rito liturgico. Dal nucleo originario del Quem quaeritis, legato alla cerimonia pasquale, si sviluppa gradualmente una forma spettcolare destinata ad avere un enorme successo almeno fino al XVI secolo: i grandi cicli dei misteri. Incentrati sulla vita di Cristo e dei santi, queste grandiose manifestazioni spettacolari erano eventi eccezionali che richiedevano mesi o addirittura anni di preparazione, e a cui si accorreva anche dalle città vicine. L’allestimento non seguiva uno schema fisso, ma venivano adottate soluzioni molto diverse fra loro nell’organizzazione dello spazio e nella disposizione del pubblico, come dimostrano alcuni documenti iconografici come la tarda miniatura della tarda Passion de Valenciennes (1547) e quella del martirio di Santa Apollonia, di Jean Fouquet.
Danza fatale
Pubblicato in “Etruria Oggi”, n. 57, aprile 2002, pp. 70-76.
Esecrata e condannata, evocata come un esempio negativo e un simbolo di lussuria, la figura di Salomè ha ispirato la fantasia degli artisti di tutti i secoli. Mentre la descrizione di Flaubert ripropone la danza acrobatica tipicamente medievale, che tuttavia arricchisce di valenze erotiche, Oscar Wilde evoca una Salomè trasognata e crudele. Anche nelle rivisitazioni delle arti figurative, il personaggio biblico assume connotazioni diverse: dalla composta danzatrice rinascimentale di Taddeo Gaddi alla mistica e inquietante fanciulla raffigurata da Gustave Moreau, dall’aggressiva femmina-vampiro di Klimt alla provocante e vitale maliarda di von Stück. Orrore e attrazione sono i due poli opposti, e quasi complementari, che da secoli si trovano riuniti nel personaggio di Salomè, simbolo delle tentazioni femminili e del potere fatale della seduzione.
Animali mai visti
Pubblicato in “Medioevo”, marzo 2002, pp. 62-66. De Agostini – Rizzoli Periodici.
Nei bestiari medievali, trattati didascalici di zoologia reale e fantastica, sono interpretate in modo simbolico o allegorico le caratteristiche e proprietà degli animali. La fonte originaria è il Physiologus, un trattato del II secolo d.C. tradotto in molte lingue, a cui si aggiungono materiali tratti da varie altre opere, come l’Historia naturalis di Plinio il Vecchio e le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, del VI secolo. Da queste commistioni discendono i bestiari in antico francese del XII e del XIII secolo, come quello di Philippe de Thaün, di Guillaume le Clerc e di Pierre de Beauvais. In alcune opere, come il Bestiaire d’amour di Richart de Fournival, all’originaria simbologia mistica si sovrappone l’immaginario dell’amor cortese, con una reinterpretazione allegorica profana delle mitiche proprietà degli animali.
Il primo regista della storia del teatro: André Antoine
Pubblicato in “Storia e Dossier”, novembre 2000, pp. 57-61. Mensile del Gruppo Editoriale Giunti.
Nel marzo 1887 André Antoine, impiegato parigino alla compagnia del gas e attore dilettante, si lanciò in un’impresa destinata ad avere successo: fondò un nuovo teatro, il Théâtre Libre, che accolse le suggestioni del Naturalismo. Il nuovo teatro ottenne l’approvazione e la protezione di Emile Zola, che fu presente fin dalla prima rappresentazione. Mediante la poetica della tranche de vie e la teoria della quarta parete teorizzata da Jean Jullien, il nuovo teatro si contrapponeva all’artificiosità e alle convenzioni dei teatri ufficiali. Antoine seguiva l’allestimento e la preparazione degli attori, cercando di ricreare anche mediante la recitazione un’impressione di verità.
La morale dello specchio
Pubblicato in “Etruria Oggi”, XVIII, giugno 2000, pp. 39-45.
Simbolo ricorrente e polisemico, nell’iconografia medievale lo specchio allude al peccato e alla vanità, mentre a partire dal Rinascimento è un frequente attributo di Venere e della Prudenza. Inquietante monito sulla caducità della bellezza e dei beni terreni, nell’immaginario del Seicento lo specchio è anche emblema dell’artificioso gioco di apparenze della realtà. Nell’Ottocento allude spesso all’idea del doppio, come nel racconto di E.A. Poe William Wilson e nel Ritratto di Dorian Gray di O. Wilde, mentre nella letteratura del Novecento rinvia alla frantumazione dell’io (L. Pirandello) e all’infinita moltiplicazione virtuale (J.L. Borges). Il gesto di guardarsi allo specchio è una conferma della propria identità ma anche un momento di verifica di ansie e paure, una piccola magia quotidiana fra il disincanto del saggio e la tentazione di Narciso.
Per amore di una vergine
Pubblicato in “Medioevo”, n. 4 (39), aprile 2000, pp. 55-61. De Agostini – Rizzoli Periodici.
Come altri animali fantastici dei bestiari medievali, l’unicorno era ritenuto un animale che esisteva in qualche parte del mondo. In base alla leggenda, può essere catturato soltanto allorché si addormenta nel grembo di una vergine e secondo l’interpretazione allegorica cristiana rappresenterebbe Cristo che che si incarnò nella Vergine Maria. Nel XIII secolo Richart de Fournival reinterpreta il mito in senso cortese, facendone una metafora del vassallaggio amoroso del cavaliere, attratto dal profumo soave della fanciulla. L’unicorno è associato ai cinque sensi nel ciclo di arazzi della Dame à la licorne del Musée de Cluny, che sviluppa il tema del trionfo dell’amore spirituale.