Pubblicato in Dizionario Tematico di Letteratura, a cura di R. Ceserani, M. Domenichelli e P. Fasano, Torino, Utet, 2006, pp. 434-437.
Dall’antichità ai giorni nostri il circo ha continuato ad affascinare il pubblico per la varietà dei suoi intrattenimenti. Nell’Ottocento, epoca d’oro del circo, i numeri si estesero fino a comprendere, oltre a spettacoli equestri e acrobatici, esibizioni di clown, animali ammaestrati e giochi di prestigio. A partire dall’Ottocento il circo compare anche nella narrativa . È talvolta un ambiente di duro lavoro, con personaggi crudeli che sfruttano senza scrupoli i bambini, ma può al contrario racchiudere insospettati fiori di bontà e generosità, come in Hard Times (1854) di Dickens. Figura emblematica del circo è il clown, che fa la sua comparsa sulle scene inglesi intorno alla metà del XVI secolo, ma in epoche più recenti assumerà la tipica ambivalenza di un personaggio bifronte, che suscita il riso ma è profondamente malinconico. Dal lungo racconto clown Il sorriso ai piedi della scala di Henry Miller alle Opinioni di un clown di Heinrich Böll (1963), anche la letteratura del Novecento ha dedicato ampio spazio a questa figura. Due visioni grottesche del circo, fulminanti nella loro originalità, si trovano nei racconti di Kafka Primo dolore (1921) e Un digiunatore (1922). Nelle arti figurative, l’ambiente del circo ricorre in particolare nei dipinti degli impressionisti, come Degas, Renoir e Toulouse-Lautrec, ma anche in quelli di Picasso. Il tema si ritrova spesso anche nel cinema, a partire dal Circo (1928) di Charlie Chaplin, che ripropone il luogo comune del pagliaccio malinconico e struggente, involontariamente comico ed emarginato dalla società.