Roma, Bulzoni, 2011, pp. 361.
Professionisti del divertimento, i giullari animano la vita delle città e delle corti medievali. Quando non accorrono alle feste bandite dagli aristocratici, danno spettacolo nelle taverne, sulle piazze e lungo le strade, producendosi in performances musicali, giochi, acrobazie, affabulazioni ed esercizi di abilità di vario genere. A partire dal XIII secolo, alcuni intrattenitori si stabilirono in modo permanente a corte, sottraendosi ai disagi di una vita girovaga per diventare menestrelli o buffoni. Nell’immaginario figurativo che ha finito per prevalere, il giullare è assimilato al buffone di corte, con il costume bicolore a tinte vivaci, il cappello a sonagli e la marotte. E tuttavia, dall’universo composito di scene profane, comiche, scurrili e persino blasfeme che popolano le sculture delle cattedrali e le drôleries dei manoscritti gotici emerge un’iconografia molto più variegata dell’intrattenimento. Assimilati agli altri emarginati della società medievale, i giullari erano considerati dagli scrittori cristiani “alleati del demonio” e “cornamuse del diavolo”, mentre le giullaresse erano equiparate alle prostitute. L’immagine negativa degli intrattenitori si riversa anche nell’iconografia biblica, in particolare attraverso la figura di Salomè e l’insipiens del Salmo 52. Sulla base di fonti iconografiche e letterarie, il volume intende ricostruire l’immagine del giullare nella cultura medievale, esplorandone i vari livelli interpretativi anche alla luce dei pregiudizi della cultura dominante.